INPS: precisazioni sugli assegni familiari dei Fondi di solidarietà e del FIS

L’Inps, con messaggio n. 4167/2022, ha fornito precisazioni sulle modalità di compilazione del flusso UniEmens in relazione all’ANF a carico delle gestioni dei Fondi di solidarietà e del FIS.

I datori di lavoro nell’elemento <CodiceCausale> indicano il codice causale già in uso “L023”, avente il significato di “Conguaglio ANF art. 1, comma 212 della legge 234/2021”; detto  codice deve essere utilizzato sia per il conguaglio riferito al mese corrente che per il conguaglio degli ANF arretrati ossia corrisposti ai lavoratori dal 1° gennaio 2022.
Nell’elemento <IdentMotivoUtilizzoCausale>, i medesimi datori inseriscono il codice identificativo (ticket) ottenuto dall’apposita funzionalità “Inserimento ticket”, prevista all’interno della procedura di inoltro della domanda al Fondo.
Nell’elemento <AnnoMeseRif> indicano l’AnnoMese di riferimento e nell’elemento <ImportoAnnoMeseRif> indicano l’importo conguagliato, relativo al mese di riferimento della prestazione.
Nell’ipotesi di cessazione di attività, il datore può recuperare la prestazione anticipata tramite flusso regolarizzativo sull’ultimo mese di attività.
Quanto alla modalità di pagamento diretto della prestazione di Assegno di integrazione salariale erogata dal FIS e dai Fondi di solidarietà, si rinvia alla circolare n. 62/2021 e al messaggio n. 1320/2022.
Per i periodi di integrazione salariale (CIGO, CIGS, AIS) decorrenti dal 1.5.2022, le richieste di pagamento diretto possono essere inviate esclusivamente con il nuovo flusso telematico UniEmens-Cig (UNI41).

Transfer pricing: finanziamento dalla consolidata alla controllata

Il finanziamento erogato dalla società consolidata alla propria controllata non può sottrarsi all’applicazione della disciplina fiscale del transfer pricing internazionale (Corte di cassazione – ordinanza 11 novembre 2022 n. 33438).

Il caso si riferisce al trasferimento di denaro oggetto di accertamento destinato ad un investimento da parte della controllata, consistito nell’acquisizione della partecipazione totalitaria di un’altra società estera.

Per i giudici della Corte, il versamento assumeva la veste di un’operazione intercorrente con la società estera controllata e pertanto tale operazione non può sottrarsi all’applicazione della disciplina fiscale del transfer pricing internazionale, secondo la quale i componenti reddituali non devono essere quantificati in base al parametro ordinario del corrispettivo pattuito, bensì secondo il criterio derogatorio del valore normale dei beni ceduti o dei servizi prestati, definito quale prezzo e corrispettivo mediamente praticato per i medesimi beni o servizi ceduti o scambiati nello stesso tempo e luogo.

Su tali basi, il collegio osserva che il valore “normale” della dazione a prestito di una determinata somma di denaro è costituito dall’obbligo di corresponsione degli interessi nella misura corrispondente al tasso di mercato, che, in forza di quanto previsto dall’art. 107, D.P.R. n. 917/1986, si sostituisce alla gratuità dell’operazione pattuita tra società residente e società estera controllata.

Ove, infatti, si escludesse il finanziamento non oneroso dalla sfera di applicazione della regola del “valore normale”, si giungerebbe all’irragionevole conseguenza di consentire all’amministrazione finanziaria l’esercizio del potere di rettifica in caso di operazioni con corrispettivo inferiore a quello di regola applicato, negandolo invece nelle ipotesi, maggiormente elusive, di pattuizione di finanziamento con corrispettivo nullo.

Autodichiarazione “Temporary framework”: il Fisco risponde

18 NOV 202 Online le risposte alle domande più frequenti sulle modalità di compilazione dell’autodichiarazione per gli aiuti di stato Covid 19 da presentare entro il 30 novembre 2022 (AGENZIA DELLE ENTRATE – Comunicato 17 novembre 2022)

Tra i vari quesiti posti all’Amministrazione finanziaria anche quello della presentazione dell’autodichiarazione da parte delle imprese con P.IVA cessata. Precisamente, viene chiesto se è corretto ritenere che anche le imprese cessate precedentemente al termine di presentazione dell’autodichiarazione siano tenute al rispetto dell’obbligo.
Al riguardo il Fisco chiarisce che il comma 1 dell’articolo 2 del DM 11 dicembre 2021 dispone che i soggetti beneficiari degli aiuti richiamati dall’art. 1 presentano all’Agenzia delle entrate un’autodichiarazione ai sensi dell’art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nella quale attestano che l’importo complessivo degli aiuti fruiti non supera i massimali di cui alla sezione 3.1 ovvero alla sezione 3.12 della comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final, recante «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza da Covid-19», e successive modificazioni».
Pertanto, l’individuazione dei soggetti obbligati alla presentazione dell’autodichiarazione è collegata alla fruizione degli aiuti del cd. regime ombrello.
In linea generale, si ritiene che la chiusura della partita IVA non escluda il beneficiario degli aiuti dall’obbligo di presentare l’autodichiarazione. Quest’ultima rappresenta, tra l’altro, lo strumento con cui il beneficiario assume l’impegno all’eventuale restituzione delle somme beneficiate in eccesso rispetto ai massimali fissati dal TF.
In particolare, nell’ipotesi di cessazione della partita IVA societaria – in linea con quanto disposto, con riferimento agli adempimenti dichiarativi, dall’articolo 5 del d.P.R. n. 322 del 1998 – si ritiene ragionevole affidare l’onere di presentare l’autocertificazione al liquidatore oppure all’ultimo amministratore.
L’onere di restituzione delle somme eccedenti resta tuttavia a carico dei soci che ne rispondono illimitatamente, se trattasi di società di persone, ovvero solo nei limiti del riscosso in caso di società di capitali (in linea con quanto stabilito, con riferimento al pagamento delle imposte, dall’articolo 36, terzo comma, del d.P.R. n. 602 del 1973).
Peraltro, l’articolo 28 del decreto legislativo n. 175 del 2014 (cd. decreto semplificazioni), che ha modificato il citato articolo 36, dispone al comma 4 che «Ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese».
Al riguardo si ricorda che in tema di CFP COVID-19, è stato già chiarito che, anche nelle ipotesi di attività cessate a seguito della percezione del contributo, il soggetto firmatario dell’istanza inviata in via telematica è tenuto a conservare tutti gli elementi giustificativi del contributo spettante e a esibirli, a richiesta, agli organi istruttori dell’amministrazione finanziaria (cfr. circolare n. 15/E del 2020).
Tenuto conto anche dell’esistenza di termini per il controllo degli aiuti fruiti che non risultano interrotti anche a seguito della chiusura della partita IVA, deve concludersi che resta fermo l’obbligo di presentazione dell’autodichiarazione anche in relazione ai soggetti cd. cessati.

Approvazione Decreto aiuti-ter: supporto alle imprese colpite dall’aumento dei prezzi dell’energia

Approvato in via definitiva il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge n. 144/2022, in materia di politica energetica nazionale, produttività delle imprese, politiche sociali e per la realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Si riportano di seguito le misure a supporto delle imprese colpite dall’aumento dei prezzi dell’energia, a seguito delle modifiche apportate dalla Camera (SENATO – Comunicato 16 Novembre 2022).

L’articolo 3, ai commi 1, 2 e 5 interviene sulle garanzie che SACE è autorizzata a concedere – ai sensi dell’articolo 15 del D.L. n. 50/2022 – su finanziamenti bancari sotto qualsiasi forma alle imprese con sede in Italia, colpite dagli effetti economici negativi conseguenti all’aggressione russa all’Ucraina.
Nello specifico, il comma 1 prevede che le Garanzie SACE sui finanziamenti bancari concessi alle imprese per esigenze di pagamento delle fatture per consumi energetici, emesse nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2022, siano prestate a titolo gratuito qualora il tasso di interesse applicato alla quota garantita del finanziamento non superi, al momento della richiesta di garanzia, il rendimento dei buoni del Tesoro poliennali (BTP).
Ai sensi del comma 2, l’ammontare garantito del finanziamento può essere elevato fino a coprire il fabbisogno di liquidità per i successivi 12 mesi per le piccole e medie imprese e per i successivi 6 mesi per le grandi imprese, in ogni caso entro un importo non superiore a 25 milioni di euro, a condizione che il beneficiario sia classificabile come impresa a forte consumo di energia.
Il comma 5 interviene sulle condizioni di accesso alla garanzia e sopprime il requisito per cui le imprese beneficiarie devono aver subìto una contrazione della produzione o della domanda. Contestualmente, nelle esigenze di liquidità delle imprese, esplicita che sono comprese quelle relative agli obblighi di fornire collaterali per le attività di commercio sul mercato dell’energia.
L’articolo 3, al comma 4, modifica le condizioni per il rilascio della riassicurazione SACE dei crediti da fattura energetica – consentita dall’articolo 8 del D.L. 21/2022 – sopprimendo l’inciso che limitava l’operatività della misura alle sole imprese con fatturato non superiore a 50 milioni di euro (lett. a)). Contestualmente, consente che la garanzia SACE possa essere rilasciata a titolo gratuito nei casi in cui il premio applicato dalle imprese di assicurazione non superi la componente di rendimento applicabile dei Buoni del Tesoro Poliennali (BTP) di durata media pari a 12 mesi (lett. b)).
Ai sensi del comma 3, la garanzia del Fondo di garanzia PMI, su finanziamenti individuali, successivi al 24 settembre 2022 e destinati alla copertura del pagamento delle fatture energetiche, emesse nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2022, può essere concessa a titolo gratuito, laddove siano rispettate le medesime condizioni previste dal comma 1 per la gratuità delle garanzie SACE. La garanzia del Fondo copre l’80 per cento dell’importo del finanziamento a favore di tutte le imprese, a prescindere dalla classe di merito di credito di appartenenza di esse.
Il comma 6 interviene sull’articolo 64, comma 3 del D.L. n. 76/2020 che disciplina la procedura di rilascio delle garanzie SACE nell’ambito di finanziamenti volti a favorire progetti riconducibili al green new deal. Il comma, in particolare, innalza da 200 a 600 milioni di euro il limite di ammontare garantito previsto, oltre il quale il rilascio della garanzia SACE è subordinato alla decisione ministeriale.
Le misure contenute nell’articolo sono subordinate, ai sensi del comma 7, alla approvazione della Commissione europea.
Il comma 8 – modificato dalla Camera dei deputati – reca norme per l’attuazione degli interventi, a valere su risorse già disponibili a legislazione vigente.

Accesso al Fondo di garanzia INPS per il socio lavoratore di cooperativa

L’ art. 24, L. n. 196/1997, di estensione dell’intervento del Fondo di garanzia dell’INPS per il pagamento del T.f.r. in favore di soci lavoratori di cooperative in situazione di insolvenza, può essere applicato retroattivamente solo a condizione che siano stati pagati i contributi previdenziali per il periodo precedente all’entrata in vigore della disposizione. Tanto è stato affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 10 novembre 2022, n. 33136.

 

La Suprema Corte ha definitivamente confermato la sentenza d’appello che aveva rigettato la domanda proposta dal socio lavoratore di una cooperativa, ammesso per il credito per T.f.r. allo stato passivo della liquidazione coatta amministrativa della società datrice, volta ad ottenere il pagamento dal Fondo di garanzia INPS anche per il T.f.r. maturato prima del luglio 1997, cioè con riferimento al periodo precedente all’estensione, ex L. n. 196/1997, della disciplina in materia di fondo di garanzia per il T.f.r. ai soci lavoratori di cooperativa.

La Corte d’appello territoriale, in particolare, aveva ritenuto non meritevole di accoglimento la pretesa, alla luce dell’assenza di prova della corresponsione della contribuzione volontaria a carico del lavoratore, non operando, nel caso in esame, il principio di automaticità delle prestazioni previdenziali riguardante il versamento contributivo obbligatorio.

Il Collegio, condividendo le conclusioni raggiunte dai giudici di merito, ha richiamato i consolidati precedenti giurisprudenziali, ribadendo che l’art. 24, L. n. 196 del 1997, di estensione dell’intervento del Fondo di garanzia dell’INPS per il pagamento del T.f.r. in favore di soci lavoratori di cooperative in situazione di insolvenza, può essere applicato retroattivamente, ma a condizione che siano stati pagati i contributi previdenziali per il periodo precedente all’entrata in vigore della disposizione, attesa la ratio della norma transitoria, che riconosce rilevanza all’assicurazione volontariamente e irretrattabilmente istituita dalle cooperative e la finalità dell’intervento normativo, consistente nel riconoscimento della garanzia del credito per T.f.r. nei limiti in cui sia stato reso operativo in favore dei soci dall’autonomia contrattuale, a seguito di conforme previsione statutaria o assembleare o di comportamenti concludenti, quali il versamento della prescritta contribuzione.

Ebbene, nel caso di specie, il Collegio ha ritenuto che la Corte territoriale avesse correttamente richiamato i menzionati precedenti, disattendendo, inoltre, la tesi seguita dal Tribunale, secondo cui vi era prova dell’effettivo pagamento dei contributi volontari al Fondo di garanzia, essendo stato accertato che quelli versati prima del luglio 1997 erano contributi previdenziali di diversa natura seppure sempre riferiti al medesimo rapporto.