Crediti ceduti pro solvendo: deducibilità accantonamento al fondo svalutazione

In caso di cessione di crediti pro solvendo, la quota di accantonamento al fondo rischi riferita a tali crediti deve ritenersi deducibile se, e nella misura in cui, essi, nonostante la cessione, determinino una situazione di rischio per il cedente (Corte di Cassazione – Sentenza 03 marzo 2022, n. 7112).

Nell’ambito di una controversia riguardante il recupero a tassazione IRES della quota di accantonamento del fondo svalutazione crediti, ritenuta indeducibile, per la parte relativa ai crediti ceduti pro solvendo dalla contribuente, la Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità della pretesa tributaria decisa dai giudici tributari, sulla base dei seguenti principi:
in tema di imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito d’impresa, gli accantonamenti iscritti nel fondo di copertura di rischi su crediti devono ritenersi deducibili anche nell’ipotesi in cui il credito sia stato oggetto di cessione “pro solvendo”, come accade nello sconto bancario di titoli rappresentativi di crediti: se è vero, infatti, che in tal caso il cedente non è più titolare del credito, è altrettanto vero, però, che il trasferimento dello stesso in favore del cessionario è risolutivamente condizionato all’inadempimento del debitore ceduto, il quale comporta la retrocessione del credito, nessun rilievo, in proposito, assume il carattere solo eventuale della retrocessione, bastando il relativo rischio a dar rilevanza al momento economico dell’operazione, in ossequio alla “ratio” della norma che esclude la deducibilità per i soli crediti coperti da garanzia assicurativa, in quanto assicurati contro il rischio dell’insolvenza, e non anche per quelli per i quali tale rischio rimane a carico esclusivo del cedente.
La deduzione degli accantonamenti iscritti nel fondo rischi su crediti, dunque, si applica ai crediti ceduti “pro solvendo” se, e nella misura in cui, essi, nonostante la cessione, determinino una situazione di rischio per il cedente.

Servizi di demolizione nave: non imponibilità

Solo in presenza di tutti i requisiti sia sostanziali che procedurali è possibile emettere fattura in regime di non imponibilità (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 08 marzo 2022, n. 97)

Nella fattispecie esaminata dal Fisco  una srl in qualità di prestatore di servizi relativi alla demolizione delle navi di cui alla lett. a) del 1° comma dell’art. 8 bis del Decreto IVA riferisce di avere ricevuto incarico da una S.p.a. di effettuare lavorazioni connesse alla demolizione su una nave soggetta a sequestro da svariati anni che conseguentemente non ha effettuato nell’anno precedente alcun viaggio in alto mare.
Pertanto la S.p.a. non ha inviato telematicamente alcuna dichiarazione di alto mare di cui al comma 3, dell’articolo 8-bis del Decreto IVA, in quanto trattasi di nave destinata alla demolizione.
La demolizione è stata portata a termine dalla S.p.a.
A riguardo la srl chiede di sapere se possa fatturare l’operazione in regime di non imponibilità IVA ex articolo 8-bis del Decreto IVA.
Per l’Amministrazione finanziaria la Srl sembra essere un “fornitore indiretto” avendo ricevuto l’incarico di effettuate alcune lavorazioni dalla S.p.a.
In proposito, pertanto, ha precisato che il fornitore diretto deve trasmettere/comunicare gli estremi del protocollo della dichiarazione, rilasciato dall’Agenzia delle entrate, ai propri cedenti e prestatori (i. e. fornitori indiretti) che abbiano titolo ad applicare il regime di non imponibilità ai sensi dell’articolo 8-bis. Infatti, ciascun fornitore, diretto o indiretto, è tenuto ad indicare il protocollo della dichiarazione rilasciato dall’Agenzia delle entrate nelle fatture emesse.
In conclusione solo in presenza di tutti i requisiti  sia sostanziali che procedurali, sarà possibile emettere fattura in regime di non imponibilità ai sensi dell’articolo 8-bis.

Apparecchi da divertimento senza vincita in denaro: imposta sugli intrattenimenti 2022

Il 16 marzo 2022 scade il termine per il pagamento annuale in unica soluzione dell’imposta sugli intrattenimenti connessa agli apparecchi da divertimento ed intrattenimento senza vincita in denaro di cui all’articolo 110, comma 7, del T.U.L.P.S. (Agenzia delle dogane e dei monopoli – Comunicato 04 marzo 2022).

Ai sensi dell’art. 110, co. 7, regio decreto n. 773/1931, si considerano, altresì, apparecchi e congegni per il gioco lecito:
a) quelli elettromeccanici privi di monitor attraverso i quali il giocatore esprime la sua abilità fisica, mentale o strategica, attivabili unicamente con l’introduzione di monete metalliche, di valore complessivo non superiore, per ciascuna partita, a un euro, che distribuiscono, direttamente e immediatamente dopo la conclusione della partita, premi consistenti in prodotti di piccola oggettistica, non convertibili in denaro o scambiabili con premi di diversa specie. In tal caso il valore complessivo di ogni premio non è superiore a venti volte il costo della partita;
b) quelli automatici, semiautomatici ed elettronici da trattenimento o da gioco di abilità che si attivano solo con l’introduzione di moneta metallica, di valore non superiore per ciascuna partita a 50 centesimi di euro, nei quali gli elementi di abilità o trattenimento sono preponderanti rispetto all’elemento aleatorio, che possono consentire per ciascuna partita, subito dopo la sua conclusione, il prolungamento o la ripetizione della partita, fino a un massimo di dieci volte. Dal 1 gennaio 2003, gli apparecchi di cui alla presente lettera possono essere impiegati solo se denunciati ai sensi dell’articolo 14-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, e se per essi sono state assolte le relative imposte. Dal 1 maggio 2004, tali apparecchi non possono consentire il prolungamento o la ripetizione della partita e, ove non ne sia possibile la conversione in uno degli apparecchi per il gioco lecito, essi sono rimossi. Per la conversione degli apparecchi restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni;
c) quelli, basati sulla sola abilità fisica, mentale o strategica, che non distribuiscono premi, per i quali la durata della partita può variare in relazione all’abilità del giocatore e il costo della singola partita può essere superiore a 50 centesimi di euro;
c-bis) quelli, meccanici ed elettromeccanici differenti dagli apparecchi di cui alle lettere a) e c), attivabili con moneta, con gettone ovvero con altri strumenti elettronici di pagamento e che possono distribuire tagliandi direttamente e immediatamente dopo la conclusione della partita;
c-ter) quelli, meccanici ed elettromeccanici, per i quali l’accesso al gioco è regolato senza introduzione di denaro ma con utilizzo a tempo o a scopo.
Nelle more dell’emanazione del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, previsto dall’articolo 110, comma 7-ter, del T.U.L.P.S., così come da ultimo modificato dall’articolo 104 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, di individuazione delle nuove basi imponibili forfetarie, si comunica che sono provvisoriamente confermate, per l’anno 2022, le categorie di appartenenza degli apparecchi ed i relativi imponibili forfetari dell’imposta sugli intrattenimenti, contenuti nel decreto direttoriale 10 marzo 2010 n. 398/CGV e, per gli apparecchi di cui all’articolo110, comma 7, lett. a) e c) del T.U.L.P.S., le basi imponibili di cui all’articolo 14-bis, comma 3-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640. Sono, altresì, provvisoriamente confermate le procedure di liquidazione e la relativa modulistica in essere.
Resta salva la possibilità dell’Amministrazione finanziaria di intervenire nella rimodulazione a consuntivo o in corso di esercizio, per quanto necessario anche per l’anno corrente, sia in termini soggettivi che oggettivi, a Decreto Ministeriale adottato.

Visto di conformità: meno vincoli per il rilascio da parte dei soci delle STP

I soci delle Società tra professionisti esercenti attività di assistenza fiscale possono rilasciare il visto di conformità anche quando la maggioranza del capitale sociale non è detenuta da professionisti iscritti agli albi purché sia disposto che i soci certificatori detengano il controllo dei diritti di voto della società (Agenzia Entrate – risoluzione 04 marzo 2022, n. 10).

In un precedente documento di prassi del 2016 l’Agenzia delle Entrate ha avuto già modo di chiarire le condizione che devono essere rispettate affinchè il professionista socio di una società tra professionisti, abilitata alla trasmissione telematica delle dichiarazioni, possa apporre il visto di conformità (art. 35, D.Lgs. n. 241/1997), utilizzando la partita IVA della società tra professionisti. Nel documento fu evidenziato che il presidio della qualificazione professionale e della fede pubblica appare rafforzato nella società tra professionisti rispetto alla società commerciale di servizi contabili, posto che i soci della prima sono unicamente professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi (soci non professionisti sono ammessi solo per prestazioni diverse da quelle professionali), il cui numero e la cui partecipazione al capitale sociale devono essere tali da determinare, in ogni caso, la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci.
Tale principio è in linea con quanto disposto dall’art. 10, co. 4, lett. b), L. n. 183/2011, secondo cui il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci.
Sull’argomento, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha chiarito come, al fine di consentire ai professionisti di cogliere appieno le opportunità offerte dalla normativa in materia di STP e le relative spinte pro concorrenziali, vada privilegiata l’interpretazione della norma, secondo la quale i due requisiti della maggioranza dei due terzi “per teste” e “per quote di capitale” di cui all’art. 10, co. 4, lett. b), L. n. 183/2011 non vengano considerati cumulativi.
Al riguardo, la necessità di limitare la capacità decisionale dei soci non professionisti, così da evitare che questi ultimi possano influire sulle scelte strategiche della STP e sullo svolgimento delle prestazioni professionali può essere assicurata ricorrendo ai diversi strumenti previsti dal codice civile che consentono di limitare o espandere i diritti e i poteri attributi ai soci in relazione al tipo di società scelta e alla relativa governance.
Infatti, le STP non costituiscono una tipologia societaria autonoma, ma possono assumere una delle forme societarie previste dal codice civile e sono quindi soggette alla disciplina legale del modello prescelto.
Invero, a seconda del modello societario adottato, possono essere adottati dei patti parasociali o delle clausole statutarie che garantiscano ai soci professionisti di esercitare il controllo della società, anche nella situazione in cui, nella compagine societaria, essi siano in numero inferiore ai due terzi e/o detengano quote di capitale sociale inferiore ai due terzi.
Con l’atto di segnalazione al Governo e al Parlamento, il Garante ha auspicato un intervento sul testo dell’art. 10, co. 4, lett. b), L. n. 183/2011 in relazione ai requisiti ivi indicati, al fine di renderne più chiara la formulazione, assicurando così una sua applicazione uniforme da parte di tutti gli Consigli e/o Federazioni di Ordini professionali, che tenga conto dello spirito della norma e dei consolidati principi concorrenziali a cui la stessa è ispirata.

Pertanto, in attesa dell’intervento normativo si richiama il pronto ordini del CNDCEC n. 132 del 22 novembre 2021 per approfondire la costituzione di una STP nella forma di società semplice con la maggioranza della partecipazione al capitale sociale attribuita ai soci non professionisti.

È plausibile consentire l’inserimento nell’elenco dei soggetti abilitati al visto di conformità anche ai professionisti soci di STP che risultano validamente costituite ed iscritte nel registro delle imprese e nel relativo ordine professionale, ciò anche quando la maggioranza del capitale sociale non è detenuta da professionisti iscritti nei relativi albi, purché tali soci detengano il controllo dei diritti di voto della STP garantito attraverso l’adozione di patti parasociali o clausole statutarie e cioè possano esprimere la maggioranza dei 2/3 nell’assunzione delle decisioni societarie.

Bonus TV decoder. procedura operativa

L’INPS, gli altri istituti previdenziali e l’Agenzia delle entrate forniscono i dati degli aventi diritto. Il fornitore procede alla comunicazione agli aventi diritto, mediante comunicazione individuale, di idonea informativa sulle modalità di richiesta e gestione della misura. (MISE – Decreto ministeriale 02 marzo 2022)

Il fornitore del servizio universale può procedere, su richiesta dei soggetti aventi titolo ai benefici, che vantino un’età anagrafica pari o superiore a 70 anni e che godano di un trattamento pensionistico non superiore a euro 20.000 annui, alla presa in carico dai produttori e alla consegna, presso il domicilio dell’interessato, di decoder idonei alla ricezione di programmi televisivi con standard trasmissivi (DVB-T2/HEVC) di prezzo non superiore ad euro 30.
Il fornitore, in caso di accesso alla misura, assicura agli aventi diritto anche l’opportuna assistenza telefonica per l’installazione e la sintonizzazione delle apparecchiature. Mediante apposita convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico ed il fornitore sono definiti i rapporti reciproci, anche con riferimento alle procedure, alle comunicazioni necessarie ed alle modalità di rendicontazione e rimborso degli oneri sostenuti dal fornitore per le attività svolte, nonché al rispetto del limite massimo di spesa. Per gli oneri sostenuti dal fornitore è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per l’anno 2022.
L’INPS, gli altri istituti previdenziali e l’Agenzia delle entrate forniscono i dati degli aventi diritto. Il fornitore procede alla comunicazione agli aventi diritto, mediante comunicazione individuale, di idonea informativa sulle modalità di richiesta e gestione della misura.
Precisamente, il Ministero dello Sviluppo Economico opera il trattamento dei dati in relazione al trasferimento alla società Poste, a seguito di convenzione, dei dati personali acquisiti dall’Inps e dall’Agenzia delle entrate, in relazione alle finalità di legge; l’Inps opera il trattamento dei dati personali dei soggetti che vantano un’età anagrafica pari o superiore a 70 anni e che godano di un trattamento pensionistico non superiore a euro 20.000. Tali dati sono trasferiti al Ministero dello Sviluppo Economico; l’Agenzia dell’Entrate opera il trattamento dei dati personali relativi agli utenti residenti nel territorio dello Stato che siano intestatari del canone di abbonamento al servizio di radiodiffusione o che ne siano esenti ai sensi dell’art. 1, comma ,132, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Tali dati sono trasmessi al Ministero dello Sviluppo Economico come da accordo di collaborazione sottoscritto; la società Poste Italiane spa opera il trattamento dei dati forniti alla stessa dal Ministero dello Sviluppo Economico esclusivamente per le finalità indicate. Tali dati sono trasmessi come da convenzione sottoscritta.
I dati saranno trasmessi tramite canale telematico sicuro (s-FTP, FTP(s)), nel rispetto delle prescrizioni indicate dal Provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali del 2 luglio 2015 n. 393, “Misure di sicurezza e modalità di scambio dei dati personali tra PP.AA”.